La condotta imprudente interrompe il nesso causale ex artt. 2051 e 2043 c.c.

Corte di Appello di Roma, III Sez.,  del 6.3.2018, n. 1476/2018.

Presidente, relatore ed estensore dott. Giuseppe Lo Sinno

 

Responsabilità civile extracontrattuale – risarcimento del danno – condotta del danneggiato – caso fortuito –  prevedibilità ed evitabilità del danno -esclusione responsabilità ente pubblico (artt. 1227, 2051, 2043c.c.)

 

Allorché  l’origine dei danni sia ascrivibile unicamente alla responsabilità del danneggiato, il sinistro stradale non potrà essere ricondotto a comportamenti omissivi della P.A. (sub specie di mancata o carente gestione della segnaletica stradale);

 

Al fine di dimostrare che un sinistro stradale si sia verificato per fatto o colpa del soggetto che abbia la gestione della sede stradale e della segnaletica ivi esistente (o mancante ove necessaria), occorre che il fatto sia oggettivamente imputabile allo stesso e che abbia direttamente concorso alla causazione del sinistro”;

 

L’esposizione volontaria ad un rischio o, comunque, la consapevolezza di porsi in una situazione da cui consegue la probabilità che si produca  a proprio danno un evento pregiudizievole è idonea ad integrare una corresponsabilità del danneggiato e a ridurre, proporzionalmente, la responsabilità del danneggiante, in quanto viene a costituire un antecedente causale necessario del verificarsi dell’evento, ai sensi dell’art. 1227, 1° comma c.c. e a livello costituzionale risponde al principio di solidarietà sociale di cui all’art. 2 Cost., avuto riguardo alle esigenze di allocazione dei rischi (riferibili, nella specie, all’ambito della circolazione stradale) secondo una finalità comune di prevenzione, nonché al correlato obbligo di ciascuno di essere responsabile delle conseguenze dei propri atti”.

 

***

Il caso sottoposto al vaglio della Corte d’Appello trae origine da un sinistro stradale avvenuto tra un motociclo ed un’autovettura in prossimità di un’intersezione stradale in località di Ostia (Roma) e da considerarsi interessante, in quanto analizza il requisito del nesso causale, il caso fortuito e la condotta del danneggiato nell’ambito della responsabilità civile extracontrattuale.

Il danneggiato, al fine di addebitare la responsabilità in capo alla P.A., assumeva che l’incidente fosse stato provocato per l’assenza di illuminazione pubblica e per insufficiente segnaletica stradale.

Il Tribunale, in accoglimento della domanda, ha dichiarato la responsabilità dell’ente pubblico in ordine alla causa del sinistro, nella misura del 25%, condannandolo al risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti.

A seguito dell’impugnazione proposta, con la quale il danneggiato ha chiesto che fosse riconosciuta l’esclusiva responsabilità della P.A., la Corte, appurata la totale estraneità ai fatti di causa della stessa, non solo ha rigettato l’appello ma, accogliendo l’appello incidentale,  ha condannato il danneggiato alla restituzione delle somme, nonché alle refusione delle spese sia del primo che del secondo grado di giudizio in suo favore.

Essenzialmente con la sentenza in commento, la Corte ha inteso escludere la responsabilità dell’ente pubblico, stante il comportamento colposo tenuto da parte del danneggiato; nello specifico, da un lato, ha posto l’accento sulle  prove fornite dalle parti compiendo importanti riflessioni circa l’onere probatorio in capo alle stesse e, dall’altro, ha analizzato la condotta del danneggiato atta ad interrompere il nesso eziologico tra la causa del danno e il danno stesso.

Come ben risaputo, la condotta del danneggiato nell’uso di un bene e la concreta possibilità di percepire e di prevedere con l’ordinaria diligenza la situazione di pericolo, configura un comportamento imprudente idoneo ad interrompere il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso che permette di escludere la responsabilità della P.A.

Ancor più interessante è il pincipio processuale della “ragion più liquida” al quale la Corte ha inteso aderire, anche alla luce della specifica e dettagliata descrizione dei fatti operata dall’appellante, capace di smentire ogni altra responsabilità riconducibile alla P.A..

In particolare, il sopradetto principio ha consentito alla Corte d’Appello, sulla base di una stringente esigenza logica, di sovvertire l’ordine delle questioni da trattare, ponendo l’attenzione sulla questione più agevole, tale da risolvere la materia del contendere in una prospettiva di economia processuale e di celerità del giudizio (V. Cass. Civ., sez. lavoro, n. 17214/2016; Cass. Civ., sez. lavoro, n. 12002/2014).

Scendendo poi nel merito, la Corte d’Appello ha statuito che un sinistro per poter essere addebitabile direttamente alla P.A. deve essersi verificato per un’azione o un’omissione dell’ente stesso, sottolineando che, al fine di poter configurare la responsabilità,  non è sufficiente richiamare genericamente il dettato degli artt. 2051 e 2043 c.c., senza fornire alcuna prova sul nesso causale tra il bene pubblico e il danno.

E’ necessario, infatti, dimostrare non solo il rapporto che lega il custode alla cosa che ha cagionato il danno, ma anche che l’evento dannoso si è prodotto quale conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva appartenente alla stessa, nonché fornire la prova che il bene pubblico sia stata la causa, e non l’occasione, del danno.

In particolare, il danno dev’essere stato causato dal bene pubblico in sé considerato, senza, quindi, l’intervento di fattori esterni.

Nel caso affrontato dalla Corte di Appello di Roma, la tesi sostenuta dall’attore (ossia che la causazione del sinistro fosse addebitabile alla mancata visibilità della segnaletica di “STOP”) non ha trovato accoglimento, in quanto, da un lato, è stata smentita dalla ricostruzione dei fatti compiuta dallo stesso e, dall’altra, è stato dimostrato documentalmente – attraverso la produzione del Verbale della Polizia Municipale- che il segnale stradale era, in realtà, presente, ben visibile e posto prima dell’intersezione con l’altra strada.

Inoltre, il custode del bene ha correttamento fornito la prova contraria e liberatoria della propria responsabilità, attraverso la dimostrazione del caso fortuito che agendo sulla dinamica di verificazione del sinistro, interrompe il nesso eziologico tra la cosa e il danno e ben può essere integrato dalla condotta del danneggiato, la quale può consistere “nell’omissione delle normali cautele esigibili in situazioni analoghe e che, attraverso l’impropria utilizzazione del bene pubblico, abbia determinato l’interruzione del nesso eziologico tra lo stesso bene in custodia ed il danno” (V. Cass. Civ. 8282/2014; Trib. Roma, Sez. XII, sent. 14.05.2015, n. 10510).

Alla luce di tale risultanze, quindi, la Corte ha inteso escludere la responsabilità della P.A., in quanto il danneggiato, avuto riguardo allo stato dei luoghi e alla dinamica del sinistro, non ha chiaramente adottato le normali cautele per evitare il danno.

Il suddetto concetto rientra essenzialmente in quello della prevedibilità dell’evento, oramai cristallizzato in più pronunce giurisprudenziali, da intendersi come concreta possibilità per l’utente danneggiato di percepire o prevedere con l’ordinaria diligenza la situazione di pericolo.

Infatti, “quanto più la situazione di pericolo è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione di normali cautele da parte del danneggiato, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, sino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso” (V. Cass. civ. Sez. III, Sent., 22-10-2013, n. 23919).

Pertanto, qualora la situazione di pericolo sia prevedibile e superabile con l’uso dell’ordinaria diligenza da parte dell’utente della strada, alcun addebito potrà essere ipotizzato a carico dell’amministrazione.

 

All. 1 Sentenza

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *